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PENALE| Sentenza Cass.n. 11621/2012-La frase “lei non sa chi sono io” può integrare una minaccia. Dipende dal contesto.

 

Con la sentenza in epigrafe il Giudice di pace di Salerno ha assolto G.A. dai delitti lui ascritti, di ingiurie e minacce nei confronti di C.L. , commessi, in ipotesi accusatoria, il 13 gennaio 2006, ritenendo l’inidoneità offensiva delle espressioni asseritamente minacciose e l’esimente della provocazione per quel che riguarda le ingiurie. Propone ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Salerno, il quale deduce violazione di legge sostanziale e processuale. In particolare lamenta il P.G. che il giudice di merito non abbia indicato nella sentenza in cosa sarebbe consistito il fatto ingiusto che, nell’occasione per cui si procede, avrebbe potuto legittimamente scatenare la reazione ingiuriosa da parte dell’imputato nei confronti della p.c., irrilevanti essendo per il ricorrente situazioni pregresse di conflittualità e di ostilità, che apparirebbero più che altro aver determinato un risentimento latente (irrilevante ai fini dell’esimente), piuttosto che uno stato di ira che, seppur non contestuale, dovrebbe mantenere quei caratteri di immediatezza che lo distinguerebbero da moventi diversi, quali un covato rancore. Si duole poi il ricorrente che il Giudice di pace, per giustificare la propria decisione, si sia riferito in sentenza  ad una querela che non risulterebbe mai essere stata acquisita legalmente, né indicata fra gli atti utilizzabili per la decisione.

In merito alle minacce deduce che, seppur l’espressione lei non sa chi sono io si possa considerare non minacciosa, tuttavia il Giudice di pace avrebbe errato nel considerare non minacciose le restanti espressioni di cui al capo di imputazione, con particolare riguardo a quella: “te la farò pagare” che avrebbe un’oggettiva idoneità a creare turbamento nel destinatario ed avrebbe rilevanza indipendentemente dal timore che in concreto possa aver determinato nella persona offesa.

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